Nel corso di una lunga intervista concessa a Limes, Sergej Karaganov, presidente onorario del Consiglio russo per la politica estera e della difesa e considerato uno dei più influenti strateghi vicini al Cremlino, ha delineato senza giri di parole la visione di Mosca sui principali scenari internazionali, dall’Ucraina al rapporto con Europa, Stati Uniti e Cina.Le sue dichiarazioni riflettono una concezione della guerra in Ucraina non soltanto come una questione regionale, bensì come il centro di uno scontro di portata epocale, che coinvolge direttamente l’assetto globale e il futuro delle relazioni euro-russe.
Il filo conduttore dell’intervista è chiaro: per Karaganov la minaccia principale non è l’Ucraina in sé, bensì l’Europa, con le sue élite “fallimentari” e incapaci di pace, che avrebbero trascinato il continente in una spirale bellicista.
L’arma nucleare, in questo quadro, diventa il perno della dottrina strategica russa, l’elemento che secondo Mosca può impedire lo scivolamento verso una terza guerra mondiale.
L’Alaska e i limiti della diplomazia
Karaganov accoglie con favore il vertice tra Vladimir Putin e Donald Trump in Alaska, ma ne ridimensiona immediatamente la portata. Non è sufficiente – sottolinea – per chiudere il conflitto: le radici della guerra sono profonde, radicate nel fallimento delle élite europee e nella scelta di sostenere l’Ucraina come “pedina” anti-russa.In questo quadro, la figura di Volodymyr Zelensky viene descritta con termini sprezzanti: un burattino, il cui destino sarebbe segnato dalla caduta immediata in caso di pace.
La “vittoria” russa: oltre il Donbass
Quando gli si chiede cosa significhi vincere in Ucraina, Karaganov va oltre la dimensione militare: non si tratta soltanto di prevalere sul campo, ma di raggiungere una vittoria strategica sull’Europa, “principale minaccia alla pace” a un secolo dalla Prima guerra mondiale.Bloccare la deriva verso un conflitto paneuropeo – spiega – è l’obiettivo primario, e a questo fine non esclude “mezzi estremi”.
Nucleare come dottrina inevitabile
Uno dei passaggi più inquietanti riguarda la dottrina nucleare. Karaganov sostiene che la Russia dovrà prevedere preventivamente l’uso delle armi atomiche in qualunque guerra contro potenze con risorse superiori, cioè sostanzialmente la NATO.
L’Europa, a suo giudizio, non ha alcuna possibilità di sconfiggere Mosca: di fronte a uno scontro frontale, la scelta sarà “sconfitta” o “annichilimento”.Ricorda inoltre che l’Italia, per la sua posizione geografica, sarebbe bersaglio immediato in caso di guerra allargata, sottolineando però di non augurarsi la distruzione del continente con cui ha avuto rapporti profondi.
Riarmo tedesco: “una maledizione”
Se il ritorno del militarismo europeo è visto come un pericolo generale, Karaganov riserva parole durissime alla Germania, considerata il cuore delle disgrazie continentali.Se Berlino dovesse dotarsi di armi nucleari, ciò rappresenterebbe una “maledizione” per l’intera Europa e Mosca avrebbe il “dovere morale e politico” di porvi fine.Anche Francia e Regno Unito vengono avvertiti: se scegliessero la via dello scontro diretto, i loro governi sarebbero responsabili della propria distruzione.La dottrina annunciata da Karaganov prevede “dimostrazioni di attacchi decapitanti e disarmanti”, che potrebbero trasformarsi in atti concreti se l’escalation divenisse inevitabile.
Europa come minaccia globale
Uno degli assi centrali dell’intervista è l’idea che oggi l’Europa rappresenti la principale minaccia mondiale, più ancora degli Stati Uniti. Karaganov arriva a definirla una “creatura infernale”, responsabile storicamente di guerre mondiali, genocidi e colonialismo, ora in fase di regressione verso i suoi lati più oscuri.
L’Ucraina, in questa visione, non è un interesse in sé, ma lo strumento attraverso cui le élite europee alimentano una guerra che serve a mascherare il proprio declino economico e politico.
Gli Stati Uniti: nemico contenibile, partner negoziabile
Interessante il passaggio sugli Stati Uniti: pur definendoli avversario, Karaganov insiste che il confronto deve rimanere contenuto all’Europa. Con Washington – a differenza che con Bruxelles – esisterebbero margini per un’intesa.Gli interessi strategici americani possono convergere con quelli russi nel prevenire la guerra nucleare. L’Europa, al contrario, appare incapace di moderarsi e finisce per trascinare se stessa verso la catastrofe.
Un conflitto inevitabile dal 2014
Rileggendo le scelte passate, Karaganov riconosce che la Russia ha sbagliato a non intervenire militarmente già nel 2014. All’epoca non era pronta economicamente né moralmente a sostenere una guerra. Ma l’esito era, secondo lo stratega, inevitabile: l’espansione NATO e il controllo occidentale sull’Ucraina avrebbero reso lo scontro una certezza.
L’errore, aggiunge, fu quello di non emettere per tempo l’ultimatum che sarebbe arrivato solo alla fine del 2021.
Prezzi e benefici della guerra
La guerra consuma risorse vitali e va conclusa presto. Ma Karaganov sottolinea anche i benefici: la Russia sarebbe “rinata” dal punto di vista economico, tecnologico e patriottico. Al tempo stesso, Mosca paga la conseguenza di non potersi occupare pienamente di crisi regionali come la Siria o la Palestina, dove – afferma – si consumano genocidi che la Russia non ha potuto fermare per mancanza di risorse.
Cina: alleanza di fatto
Sul fronte asiatico, Karaganov riconosce nella Cina un alleato strategico di fatto, anche senza alleanza formale. La cooperazione russo-cinese, spiega, moltiplica la forza strategica dei due paesi.Nel futuro – se Europa e Stati Uniti precipiteranno nel caos, un’alleanza formalizzata potrebbe diventare necessaria.
La “siberizzazione” della Russia
Uno dei concetti chiave che Karaganov rilancia è la “siberizzazione”: lo spostamento del centro geopolitico e culturale della Russia verso gli Urali e la Siberia. Secondo la sua lettura storica, la Russia non è mai stata parte integrante dell’Europa, ma una civiltà euroasiatica autonoma. Il futuro di Mosca è dunque a Est, non a Ovest.Il progetto prevede la costruzione di nuovi poli scientifici e tecnologici in Siberia, centri di sviluppo che potranno attrarre popolazioni dall’interno e dall’esterno, in un’area che considera il cuore naturale della Russia.
Un nemico comune: il capitalismo globale
Al di là del confronto geopolitico, Karaganov identifica un nemico più grande, “comune a tutta l’umanità”: il capitalismo liberale globale, che definisce un sistema socioeconomico ormai esaurito e dannoso.
L’Occidente, spinto dal panico per il proprio declino, alimenta conflitti e instabilità. Le élite europee, in particolare, vedono nella guerra un mezzo per rilanciarsi e ricostruire industrie militari agonizzanti, senza tener conto delle conseguenze catastrofiche.
Prospettive e scenari
Karaganov conclude con una previsione netta: la guerra in Ucraina durerà finché la posta non verrà alzata drasticamente. L’Europa ha bisogno del conflitto per sopravvivere politicamente, mentre gli Stati Uniti la sfruttano economicamente senza voler rischiare l’escalation nucleare.
Per Mosca, l’obiettivo resta quello di forzare la fine dello scontro su basi che garantiscano una vittoria strategica russa e, soprattutto, evitino l’ingresso in una guerra mondiale.L’intervista a Karaganov è un documento di straordinaria chiarezza sulla visione strategica russa. Tre sono i messaggi principali:La guerra in Ucraina è solo una parte di una sfida più ampia tra Russia ed Europa, considerate incompatibili. L’uso dell’arma nucleare non è per Mosca un tabù, bensì una parte integrante della propria dottrina di difesa. Il futuro della Russia è asiatico: attraverso la siberizzazione il paese si emancipa definitivamente da ogni illusione europea.Le parole di Karaganov, al di là dell’asprezza retorica, rappresentano una diagnosi lucida della mentalità del Cremlino: timore di accerchiamento, convinzione di combattere una battaglia esistenziale e volontà di ridefinire il posto della Russia nel mondo post-occidentale.
Esse confermano che, per Mosca, la partita ucraina non può essere chiusa con compromessi occidentali, ma solo con una trasformazione più radicale degli equilibri globali.Consigliamo la lettura su Limes dell’intervista completa di Orietta Moscatelli a Sergeh Karaganov
(Vladimir Volcic)
