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IL “CASO” AL MASRI: L’ITALIA VIOLA IL DIRITTO INTERNAZIONALE!QUALCOSA DI INQUIETANTE CHE CONFERMA LA DERIVA REAZIONARIA IN CORSO E UMILIA I CITTADINI ONESTI; IL NOSTRO PAESE SARÀ SANZIONATO?

LUCIANO GRAZIUSO

Sapevamo già che l’esecutivo in carica non ha mai, nei due anni e passa da che si è insediato, dato prova di correttezza istituzionale e, come dire, rispetto assoluto delle regole e delle prassi istituzionali; sapevamo che, in Parlamento per esempio, non è raro che alcune procedure siano “scavalcate” con una “leggerezza” estrema tra le vane proteste dell’opposizione; lo sapevamo per aver assistito a episodi sconcertanti già ai tempi degli altri governi di centro-destra, berlusconiani, per intenderci; ma non avremmo mai pensato che si arrivasse a calpestare un organo come la Corte Penale Internazionale! Eppure è accaduto: un generale della Polizia Giudiziaria libica che si trovava nel nostro Paese, colpito da un mandato d’arresto della CPI per vari gravi reati quali crimini contro l’umanità, tortura, abusi e violenze, anziché essere trattenuto dopo l’arresto, è stato velocemente riportato in Libia da un…nostro aereo di Stato!

Il Falcon dei servizi è partito da Ciampino, è atterrato a Torino e in men che non si dica ha preso a bordo l’alto esponente delle forze dell’ordine nordafricane accusato di sottoporre a torture e violenze di ogni tipo gli sventurati migranti che cercano di raggiungere, passando per il deserto, le coste della “fortezza” Europa e dell’Italia in particolare. Arrivato a Tripoli, il militare veniva accolto da una folla di connazionali festanti, forse suoi sostenitori, forse cittadini contenti che il nostro Paese avesse deciso di far loro riabbracciare un compatriota. Notoriamente lo stesso trattamento viene riservato da questo esecutivo a tutti gli immigrati che approdino sulle patrie contrade!! Tenendo conto che nessun Falcon può decollare senza che lo sappia il capo dell’esecutivo del nostro Paese, è stato subito chiaro che la decisione era stata politica, nonostante le capriole pseudogiuridiche, i contorsionismi logici e le vere e proprie omissioni, le “strategiche” quanto penose giustificazioni addotte dai politici della maggioranza.

La cosa è sembrata subito gravissima alle opposizioni e ai cittadini onesti del nostro Paese, ma assolutamente “normale” a chi purtroppo ha qui le leve del potere, che in un primo tempo ha parlato di “fisiologici ritardi” o al massimo di “gestione pasticciata”, per poi concludere con “errori della polizia giudiziaria”, per scaricare su altri organismi la pessima “gestione” del caso; solo in un secondo momento, trovandosi completamente con le spalle al muro, assediato dai giornalisti e dall’opinione pubblica, il governo ha dovuto ammettere le ragioni politiche dietro alla liberazione di Al Masri.

In Parlamento è andato a riferire Piantedosi: la premier Meloni infatti, nonostante i ripetuti inviti a presentarsi senza delegare (come sempre fa) sollecitati da vari leader dei partiti di minoranza, ha scelto di mandare avanti un proprio sottoposto. La versione fornita dal ministro dell’Interno per giustificare il rilascio del criminale libico in questione, avvenuta per “ragioni di sicurezza”, non ha convinto le opposizioni, sempre più sicure del fatto che questo provvedimento ci abbia esposti ad una figuraccia internazionale. Oltre a quest’ultima, purtroppo, il nostro Paese infatti potrebbe anche ricevere una sanzione da parte della Corte Penale Internazionale, che ha subito chiesto spiegazioni all’ Italia; e tutto ciò per assicurarsi un “lavoro sporco” dai libici, con cui abbiamo stretto un patto che prevede la detenzione dei migranti in appositi “centri” che sono delle vere e proprie prigioni e luoghi in cui si commettono ogni sorta di abusi, purché non arrivino da noi coloro che i partiti al governo e il loro elettorato hanno in odio.

Questa vicenda offre lo spunto per almeno due altre osservazioni: sebbene il nostro Paese riconosca a tutti gli effetti la CPI, negli ultimi tempi abbiamo avuto modo di verificare che il rispetto delle deliberazioni di questo organismo in Italia va a corrente alternata: quando esso condanna personaggi invisi agli Stati Uniti, al mondo anglosassone e all’Occidente in genere, tutto va bene e infatti nel caso di Putin, giudicato “criminale di guerra”, la cosa suscitò una generale e viva approvazione; quando la Corte mesi fa emise lo stesso verdetto a proposito dei crimini commessi dal leader israeliano Netanyahu, non solo in Italia, ma in molte altre nazioni, la cosa fu rigettata, giudicata non pertinente etc. Numerosi esponenti politici italiani e stranieri apparivano molto imbarazzati e alcuni, come il nostro Salvini, arrivarono a dire che il leader sionista, se fosse venuto in Italia, sarebbe stato il benvenuto. Proprio oggi Tajani ha “candidamente” affermato che la Corte Penale Internazionale praticamente non è la “bocca della verità”, giustificando pienamente la “disobbedienza” del nostro Paese nei confronti di un verdetto che dovrebbe essere solo rispettato. Per finire, non possiamo fare a meno di notare una differenza tra la vicenda del generale libico, fermato ma subito liberato pur essendo un criminale riconosciuto da un organismo sovranazionale di indubbia levatura e autorevolezza, e quella dell’ingegnere iraniano Abedini, arrestato e tenuto in carcere a Milano per settimane senza nessuna prova di reato a suo carico, ma su semplice richiesta di uno stato straniero.

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