80 anni fa la fine di Benito Mussolini

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80 anni fa la fine di Benito Mussolini

Il 28 aprile 1945 rappresenta una data cruciale nella storia italiana: quel giorno, Benito Mussolini, il dittatore fascista che aveva governato l’Italia per oltre vent’anni, venne ucciso a Giulino di Mezzegra, piccola frazione sul Lago di Como.

Dopo il crollo del regime fascista e l’avanzata degli Alleati, Mussolini tentò di fuggire verso la Svizzera con la sua amante Clara Petacci e alcuni gerarchi fascisti.

Il 27 aprile un gruppo di partigiani della 52ª Brigata Garibaldi intercettò il convoglio tedesco in cui Mussolini viaggiava travestito da soldato tedesco.Il giorno seguente, il 28 aprile 1945, il comandante partigiano Walter Audisio (nome di battaglia “Colonnello Valerio”) eseguì la condanna a morte di Mussolini e della Petacci. L’esecuzione avvenne intorno alle 16:10 davanti al cancello di Villa Belmonte a Giulino di Mezzegra.L’operazione avrebbe dato esecuzione all’ultimatum del 19 aprile 1945 e all’articolo 5 del Decreto sui poteri giurisdizionali del CLNAI, approvato a Milano il 25 aprile dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI).

I corpi di Mussolini, della Petacci e di altri gerarchi fascisti furono poi trasportati a Milano ed esposti in Piazzale Loreto, dove il 10 agosto dell’anno precedente i nazifascisti avevano esposto i cadaveri di 15 partigiani giustiziati.

La morte di Mussolini segnò simbolicamente la fine del fascismo in Italia e venne seguita, pochi giorni dopo, dalla resa della Germania nazista, portando così alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale in Europa.

Sulla dinamica esatta dell’uccisione esistono diverse versioni e teorie, alcune delle quali hanno alimentato dibattiti storici che continuano fino ai giorni nostri.

Gli ultimi giorni della Repubblica Sociale Italiana

Nell’aprile del 1945 le sorti della guerra erano ormai segnate. Le forze alleate avanzavano rapidamente nella pianura padana mentre le truppe tedesche si ritiravano verso nord.

Il 18 aprile Milano venne liberata dall’insurrezione partigiana e il 25 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclamò l’insurrezione generale nei territori ancora occupati dai nazifascisti.In questo contesto di disfatta militare Benito Mussolini, che dal settembre 1943 guidava la Repubblica Sociale Italiana (RSI) con sede a Salò, si trovava in una situazione sempre più disperata. Il 18 aprile il Duce si trasferì a Milano, dove tentò un ultimo disperato negoziato con il CLNAI tramite l’intermediazione del cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo della città.

La fuga verso la Svizzera

Fallito ogni tentativo di mediazione, il 25 aprile Mussolini lasciò Milano dirigendosi verso Como, accompagnato da alcuni fedelissimi e da Clara Petacci, sua amante. Il piano era quello di raggiungere la Valtellina, dove alcune unità fasciste avrebbero dovuto organizzare un’ultima resistenza, oppure tentare la fuga verso la Svizzera.Il 27 aprile Mussolini si unì a una colonna tedesca in ritirata verso il confine svizzero. Era travestito da soldato tedesco, con un cappotto e un elmetto della Wehrmacht, sperando di non essere riconosciuto. La colonna di veicoli comprendeva anche alcuni gerarchi fascisti in fuga, tra cui Alessandro Pavolini, segretario del Partito Fascista Repubblicano.

La cattura a Dongo

La mattina del 27 aprile la colonna tedesca venne fermata da un posto di blocco partigiano nei pressi di Musso, sul lago di Como. I partigiani della 52ª Brigata Garibaldi “Luigi Clerici”, comandati da Pier Luigi Bellini delle Stelle (nome di battaglia “Pedro”), imposero ai tedeschi di consegnare eventuali italiani presenti nella colonna.Durante un controllo dei veicoli a Dongo, il partigiano Giuseppe Negri riconobbe Mussolini nonostante il travestimento. Secondo le testimonianze, il Duce sarebbe stato identificato proprio mentre cercava di nascondersi in un camion tedesco, coprendosi con una coperta e fingendosi ubriaco o malato.Insieme a Mussolini vennero catturati altri 15 gerarchi fascisti, tra cui Pavolini, Nicola Bombacci, ex socialista divenuto fascista, e Francesco Maria Barracu, sottosegretario alla presidenza del Consiglio della RSI.

Clara Petacci, che aveva seguito volontariamente Mussolini, venne anch’essa arrestata.

La detenzione a Giulino di Mezzegra

Dopo la cattura, Mussolini venne temporaneamente detenuto nella caserma della Guardia di Finanza di Dongo. Nel pomeriggio dello stesso giorno fu trasferito a Giulino di Mezzegra, frazione del comune di Tremezzina, e rinchiuso nella casa dei contadini De Maria, insieme a Clara Petacci.Nel frattempo, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia aveva già deciso la sorte di Mussolini.

Secondo le testimonianze storiche, nella notte tra il 27 e il 28 aprile, il comandante generale del Corpo Volontari della Libertà, Raffaele Cadorna, ricevette a Milano l’ordine di procedere all’esecuzione del Duce e dei gerarchi catturati.

L’esecuzione

Il 28 aprile 1945, intorno alle 15:30, un gruppo di partigiani guidati da Walter Audisio, nome di battaglia “Colonnello Valerio”, giunse a Giulino di Mezzegra. Audisio, membro dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP) e del Partito Comunista, era stato incaricato dal CLNAI di eseguire la condanna a morte di Mussolini.Audisio e due suoi compagni, Aldo Lampredi (nome di battaglia “Guido”) e Michele Moretti (“Pietro”), prelevarono Mussolini e la Petacci dalla casa dei De Maria. Secondo la versione ufficiale degli eventi, Audisio li condusse fino al cancello di Villa Belmonte, pochi metri più avanti sulla via XXIV Maggio.Qui, intorno alle 16:10, Audisio avrebbe letto una breve sentenza di condanna a morte “in nome del popolo italiano” e poi avrebbe sparato a Mussolini e alla Petacci con un mitra MAS 38 di fabbricazione francese. Secondo questa ricostruzione, Mussolini non avrebbe opposto resistenza, mentre Clara Petacci avrebbe tentato di fare scudo con il proprio corpo al Duce, venendo così colpita anche lei.

Le versioni contrastanti

Esistono tuttavia diverse versioni contrastanti sulle esatte circostanze dell’uccisione. Alcuni testimoni e storici hanno messo in dubbio il racconto di Audisio, suggerendo scenari alternativi

Versione dei servizi segreti britannici

Secondo alcune teorie, agenti britannici avrebbero partecipato all’esecuzione o l’avrebbero addirittura ordinata per recuperare carteggi compromettenti che Mussolini avrebbe potuto usare come merce di scambio.

Versione di Luigi Longo

Secondo una variante, l’esecuzione sarebbe stata compiuta da un altro partigiano, Luigi Longo (futuro segretario del PCI), sotto lo pseudonimo di “Colonnello Valerio”.

Versione di Bruno Giovanni Lonati

Questo ex partigiano sostenne in un libro pubblicato negli anni ’90 di aver partecipato all’esecuzione insieme a un agente britannico di nome “John”, e che l’uccisione sarebbe avvenuta alle 11 del mattino e non nel pomeriggio.

Teoria dell’esecuzione in casa De Maria

Secondo alcune testimonianze, Mussolini e la Petacci sarebbero stati uccisi all’interno della casa dei De Maria e poi i corpi sarebbero stati trasportati sul luogo “ufficiale” dell’esecuzione.

Piazzale Loreto

Dopo l’esecuzione, i corpi di Mussolini e della Petacci furono caricati su un furgone e trasportati a Milano, dove giunsero nella notte tra il 28 e il 29 aprile. All’alba del 29 aprile, i cadaveri di Mussolini, della Petacci e di 15 gerarchi fucilati a Dongo furono esposti pubblicamente a Piazzale Loreto.

La scelta di Piazzale Loreto non fu casuale: proprio in quel luogo, il 10 agosto 1944, i nazifascisti avevano esposto i corpi di 15 partigiani e civili giustiziati per rappresaglia. I corpi rimasero esposti per l’intera giornata, mentre una folla numerosa si radunò attorno ad essi, in alcuni casi infierendo sui cadaveri.

Le immagini di Mussolini e degli altri gerarchi appesi a testa in giù alla pensilina di un distributore di benzina in Piazzale Loreto divennero uno dei simboli più potenti della fine del fascismo in Italia.

Conseguenze e significato storico

L’uccisione di Benito Mussolini segnò simbolicamente la fine del ventennio fascista in Italia. Pochi giorni dopo, il 2 maggio, le forze tedesche in Italia firmarono la resa, e il 7 maggio la Germania nazista si arrese agli Alleati, ponendo fine alla Seconda Guerra Mondiale in Europa.

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