Manuel M Buccarella
Una controversia in piedi da almeno trent’anni riguarda lo sfruttamento del gas naturale rilevato nel mare a trenta chilometri da Gaza, a 600 metri di profondità.
Quel gas dovrebbe essere della Palestina, di Gaza. In verità Israele impedisce alla Striscia di fare proprio quel gas, a causa del blocco navale imposto da Israele alla Striscia dal 2007.
Il territorio occupato da Israele e dalla Palestina è povero di risorse energetiche. Per molti anni entrambi i Paesi in lotta hanno dovuto rivolgersi al mercato internazionale per l’approvvigionamento delle risorse. In tempi recenti, Israele ha scoperto ingenti giacimenti offshore di gas naturale, che gli hanno consentito di diventare un Paese esportatore e ridurre la sua dipendenza energetica. Anche lo Stato palestinese possiede un giacimento di gas al largo delle coste di Gaza, ma, come detto, non può sfruttarlo a causa del blocco israeliano.
Pare che in questi giorni l’italiana Eni abbia beneficiato di una concessione per la prospezione dei mari vicino Gaza. Non è forse un caso se la Meloni abbia fatto visita negli scorsi giorni a Netanyahu, oltre che per manifestare la solidarietà del governo italiano, evidentemente anche per fare affari con Tel Aviv.
Ma cosa accadrà dopo la guerra? Gli abitanti di Gaza, quelli che rimarranno in vita, verranno espulsi dalla loro terra e trasferiti con la forza nel Sinai? Tutti i beni, compreso il gas naturale, confiscati?