HIND RAJAB INSULTATA DUE VOLTE: PRIMA VIOLATA DA 335 PALLOTTOLE E DAI CARRI ARMATI ISRAELIANI E POI DA QUESTO ARTICOLO INDECENTE.

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HIND RAJAB INSULTATA DUE VOLTE: PRIMA VIOLATA DA 335 PALLOTTOLE E DAI CARRI ARMATI ISRAELIANI E POI DA QUESTO ARTICOLO INDECENTE.

Lavinia Marchetti

Ci ho pensato a lungo prima di scrivere su questo pezzo infame apparso su Il Foglio e firmato da Mariarosa Mancuso. Avevo già letto molte risposte, analisi lucide, indignazioni solide, per cui non volevo aggiungere nulla.

Il film di cui parla l’articolo nasce dalla storia di Hind Rajab, la bambina di Gaza rimasta intrappolata in un’auto colpita da pallottole e carri armati israeliani e morta dopo una telefonata disperata ai soccorritori. La pellicola ricostruisce quella vicenda, la voce registrata della bambina, l’attesa vana dei soccorsi, la scoperta dell’auto crivellata di colpi. Una vicenda che è diventata simbolo di un’intera strage collettiva, e che il Festival ha trasformato in racconto cinematografico, tra testimonianza e documento.

Ho deciso di scrivere, però, perché ho intrecciato due fatti. Sotto gli articoli sulle proteste per la Palestina, ho visto la solita processione della cosiddetta maggioranza silenziosa. Stessa scena di altre stagioni: no‑global, Iraq, scioperi, pandemia. Sempre lì: si tollera l’orrore purché resti muto e composto; si punisce chi disturba l’ordine del marciapiede. È l’ignavia eretta a regola civile, la paura mascherata da senso comune, l’idolatria dell’ordine che pretende cittadini docili.

Gente pronta a condannare il genocidio solo se non intralcia il ritorno a casa, solo se non ritarda di un’ora lo scroll a vuoto dello schermo. Su Piacenza Today ho letto commenti di chi agitava più sdegno per dei vetri a terra che per i bambini crivellati.Da lì è chiaro il passaggio: questo articolo non risulta solo sgangherato. Funziona come sintomo. Rivela anche il disagio mentale di chi lo ha scritto, un’inclinazione patologica che trasforma la cronaca di un genocidio in esercizio di cinismo. Riproduce la banalità del male in versione salottiera: irritazione per chi fa, indifferenza per chi muore.

Ecco le righe. “E già sui singhiozzi, senza pensare che lì a qualche anno le avrebbero imposto di non mostrare neppure una ciocca di capelli”. Una bambina uccisa ridotta a lezione di decoro, come se il problema stesse in una ciocca ribelle. Qui la disumanizzazione raggiunge il grottesco: un corpo straziato diventa pretesto per catechismi sul vestiario. Arendt avrebbe parlato di ottusa amministrazione del dolore: forma al primo posto, vita in coda.Poi la seconda perla, direttamente dal pezzo: “Mossa discutibile: l’uso delle registrazioni originali con la voce della bambina che chiedeva aiuto”. Dunque il fastidio scatta davanti alla testimonianza, non davanti all’assassinio. Come se la vera oscenità non fosse la strage, ma il suono che la ricorda. E subito dopo il colpo più osceno: la frase sulla bambina che crescendo avrebbe dovuto sottoporsi ai maschi senza autocontrollo, celando allegria e sensualità. Qui la follia si mostra nuda. Una bambina morta diventa materiale per un discorso di costume, immaginata adulta, truccata di allegria forzata, rivestita di sensualità imposta. Questa proiezione non appartiene al giornalismo: appartiene al delirio. Trasformare l’infanzia massacrata in parabola di femminilità addomesticata significa calpestare due volte la vittima. Siamo oltre la disumanizzazione, dentro un territorio in cui il commento diventa insulto e la parola diventa ferita. Sontag ci ammoniva sulla pornografia del dolore; qui emerge il contrario, una igiene del dolore che espelle la prova viva, perché la realtà graffia la superficie levigata della recensione.Arriva poi il colpo di teatro: “Speriamo che non finisca come ‘Nomadland’… Poi due Golden Globe e tre Oscar”. La bambina arsa viva trasformata in trailer per immaginare medaglie e pacche sulle spalle. Borsa valori dei singhiozzi: quotazioni in rialzo, applausi misurati al cronometro, statuette come calmante di coscienze. Qui il cinema scivola in contabilità morale, e l’arte perde il coraggio di restare testimonianza.Il coro della maggioranza silenziosa segue a ruota. Stesso tono, stessa igiene del marciapiede: vietato il blocco stradale, vietato il coro, vietata la presenza stessa di corpi in piazza. Il decoro urbano come religione civile. Cartacce a terra viste come sacrilegio, mentre i cadaveri di Gaza scompaiono nella distanza comoda dello schermo.

Si salva la vetrina, si perde la coscienza.Qui sta il punto politico. Le proteste esistono perché la vita urbana preferisce ordine a giustizia. Senza attrito la realtà resta invisibile; senza disturbo l’ingiustizia prospera.

Storia alla mano: dalla guerra in Vietnam ai cortei contro l’apartheid, la trasformazione passa sempre per scomodità, per ripetizione, per ostinazione. Le città imparano a forza di inciampi.Resta una domanda sul cinema. Che cosa chiediamo a un film che porta in sala la voce di una bambina? Commozione fine a sé stessa o conoscenza? L’arte, quando tocca la storia, risponde con forma e rigore. Rifiuta la sentimentalità facile, ma accetta la prova viva. Qui la prova esiste: una chiamata, una bambina, una città in macerie. Il resto è arredamento retorico.

RICHIAMO allora tre verità semplici.Primo: Hind Rajab non è un espediente. È una bambina con un nome, una voce, una famiglia.Secondo: la registrazione non è trucco, bensì documento.Terzo: la gara del dolore svuota le coscienze. A partire da qui si costruisce un’etica dello sguardo. Questo articolo è una vergogna, un veleno che corrompe la lingua e l’etica, scambia decoro per civiltà e ordine per giustizia, umilia le vittime e offende l’intelligenza dei lettori. Chi lo firma calpesta la professione, tradisce la coscienza, oltraggia la verità. Il pubblico non può essere avvelenato da simili scarti di psicopatologia.

Hind merita molto di più: il suo nome intero, la sua voce intera, la sua memoria restituita senza contabilità, liberata da questo fango di parole indegne.

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One thought on “HIND RAJAB INSULTATA DUE VOLTE: PRIMA VIOLATA DA 335 PALLOTTOLE E DAI CARRI ARMATI ISRAELIANI E POI DA QUESTO ARTICOLO INDECENTE.

  1. Non sono riuscita a finire di leggere l articolo … ho fatto la pediatra per anni e per il terrore di sbagliare non dormivo e telefonavo 😢 come fanno questi uomini che si dicono popolo eletto a martoriare dei bambini non in una guerra ( sempre da Caino) ma da assassini ! Non ho un credo ma in queste occasioni VORREI esistesse un Dio non vendicatore ma come dicono i credenti GIUSTO , un Dio che punisse nel modo più atroce questo esseri alieni … nessun essere a sangue caldo per quanto conosciuto , avrebbe mai tanta crudeltà 😢🤮

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