DOSSIER SU LEONARDO S.P.A. ECCO IL MOTIVO PRINCIPALE PER CUI L’ITALIA RISULTA COMPLICE DI GENOCIDIO

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DOSSIER SU LEONARDO S.P.A. ECCO IL MOTIVO PRINCIPALE PER CUI L’ITALIA RISULTA COMPLICE DI GENOCIDIO

Lavinia Marchetti

Sì, ci sono le immagini, i video, documentazioni giornalistiche, ma gli storici sanno bene che possiamo conoscere le guerre, i genocidi, gli olocausti, soprattutto attraverso i registri delle forniture, i registri e le annotazioni negli archivi dei materiali usati, i verbali delle commissioni, gli aggiornamenti dei piani industriali.

La materia è spoglia, bruta: ordini, ricavi, partecipazioni, siti produttivi. Poi, certo, arrivano le foto da Gaza. Case polverizzate, ospedali svuotati, ambulanze prese di mira, migliaia, centinaia di miglia di sacchi bianchi. Due livelli che si inseguono senza toccarsi.

In mezzo c’è anche l’Italia. “Italiani brava gente” è un definizione come minimo fuorviante, almeno dall’Etiopia. Qui produciamo e addestriamo; laggiù sperimentiamo, testiamo, il frutto del lavoro. La parola che spiega questo legame è complicità.Il dossier (che trovate qui https://bdsitalia.org/images/stories/640/embargo/BDS_Italia_Dossier_Leonardo_SPA_2025_web.pdf?) parla di Leonardo, società a controllo pubblico con golden share del MEF (strumento giuridico che attribuisce allo Stato poteri speciali di veto e di indirizzo su operazioni strategiche e sulla governance della società), descrive un percorso di crescita che tiene insieme governance statale e mercato globale.

Nel 2024 gli ordini raggiungono 20,9 miliardi di euro, i ricavi 17,8; il mix commerciale si sposta decisamente verso l’area militare con un rapporto settantadue a ventotto. La compagine azionaria riflette l’internazionalizzazione: il flottante istituzionale (azioni in mano a investitori professionali e negoziate sul mercato) è in prevalenza estero. Entrano fondi d’investimento (gestori che acquistano quote per portafoglio), mentre nel frattempo il Tesoro resta socio di riferimento (non sono minimamente esperta di queste questioni, riporto ciò che il dossier spiega). In assemblea il management parla di nuova normalità a duplice uso, e la contabilità, di fatto, conferma: abbiamo indicatori in ascesa, prospetti quinquennali ancora più generosi. Nel quadro fissato dal ministro della Difesa Guido Crosetto (già presidente di AIAD, federazione dell’industria della difesa, oggi sponsor della categoria del settore “necessario”), l’indirizzo politico consolida l’asse governo industria e accelera programmi e fondi. Questa scena contabile poggia su scelte politiche e su nodi industriali che incrociano, con regolarità, il teatro israeliano.

Riassumiamo in cinque nodi principali messi in evidenza dal dossier:Primo nodo: la joint venture paritetica con Rheinmetall, LRMV. Il programma annuncia 1.050 cingolati AICS A2CS e 272 carri su base Panther KF51, con filiera distribuita tra La Spezia, Roma Tiburtina, Brescia, Ronchi dei Legionari e altri poli. L’azienda stima per questo asse un miliardo di euro di contributo cumulato ai ricavi nel quinquennio. La scelta consolida un’alleanza che parla il linguaggio dei mezzi pesanti e dei sistemi C4, capace di riversare capacità nel mercato interno e in quello d’esportazione. In questi stabilimenti l’Italia fabbrica potenza terrestre e la mette a bilancio.

Secondo nodo: l’accordo con Baykar e la nascita di LBA Systems, laboratorio per caccia senza pilota, UAV armati e vettori da attacco in profondità. I siti indicati includono Ronchi dei Legionari, Torino, Roma Tiburtina, Nerviano, Grottaglie. Il piano prevede seicento milioni di entrate in cinque anni, con avvio su prodotti congiunti. La Turchia porta piattaforme diffuse sui principali teatri bellici, l’Italia innesta sensoristica, certificazioni e integrazione. Qui si prepara il cielo delle guerre che verranno.

Terzo nodo, il più sensibile: la triangolazione statunitense con Leonardo DRS e la controllata israeliana RADA, oggi DRS RADA. Radar tattici, moduli per Iron Dome, sistemi di protezione attiva come Trophy e Iron Fist, rimorchi corazzati HDTT ordinati con contratti del Pentagono destinati a Israele. Le sedi di RADA si distribuiscono tra Netanya, Beer Sheva e Beit Shean; il flusso commerciale parte dagli Stati Uniti e atterra a Tel Aviv, con una società del gruppo Leonardo al centro del canale. La casa madre resta sullo sfondo, eppure l’infrastruttura industriale è sua, la capacità di integrazione è sua, il dividendo è suo.

Quarto nodo: Cameri, provincia di Novara. Lì sorge l’unico impianto europeo di assemblaggio e manutenzione per F 35, con programmazione di spesa italiana su scala pluridecennale e funzione MRO per partner regionali. La piattaforma ospita armamenti di teatro e capacità duali che si muovono tra deterrenza e impiego reale. Da Cameri partono velivoli poi integrati con componenti e software israeliani, secondo regimi autorizzati dagli Stati Uniti; questo legame rende l’Italia snodo logistico e tecnico di una macchina aerea che attraversa Gaza e il Levante.

Quinto nodo: la famiglia G550 di provenienza IAI ELTA. L’Italia acquisisce capacità SIGINT e guerra elettronica con ulteriori piattaforme in pipeline attraverso L3Harris e BAE. Si compone una flotta speciale che affianca l’aeronautica nella raccolta, nell’analisi e nella soppressione delle difese.

La cooperazione tecnologica con Israele diventa abitudine, mentre il lessico politico la presenta come normale modernizzazione.

A tutto ciò si sommano i numeri del commercio diretto. La relazione UAMA (Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento, struttura del MAECI che rilascia licenze per esportazione, importazione e transito ai sensi della Legge 185/1990; pagina ufficiale: https://www.esteri.it/it/ministero/struttura/uama/; ultima Relazione al Parlamento: https://documenti.camera.it/_dati/leg19/lavori/documentiparlamentari/IndiceETesti/067/003v01/INTERO.pdf) fotografa un incremento netto degli arrivi dall’industria israeliana verso l’Italia nel 2024, con una curva che risale rispetto al 2023 e segnala il rafforzamento delle interdipendenze, Israele monetizza tramite genocidio e noi accogliamo volentieri. In parallelo l’Unione Europea lascia intatto l’accordo di associazione con Tel Aviv; la Banca europea per gli investimenti amplia finestre per la difesa; i listini premiano i campioni nazionali.

Le decisioni prese a Bruxelles e Roma si trasformano in capitalizzazione per chi produce sistemi e in disponibilità di strumenti per chi li impiega. Gaza scivola nel ruolo di laboratorio bellico.A chi invoca il duplice uso possiamo rispondere facilmente con la lista dei sistemi: cingolati, carri, radar multi missione, protezioni attive anti ATGM, piattaforme SIGINT, guerra elettronica, rimorchi per mezzi da settanta tonnellate. L’argomento della tecnologia neutra evapora come acqua d’agosto davanti a schede tecniche che specificano contesti d’impiego e partner di integrazione. L’Italia fornisce piattaforme, moduli, addestramento, servizi di manutenzione; partecipa alla vita utile dei sistemi e ne raccoglie i ritorni. Gaza riceve l’effetto pratico di questa maledetta filiera.

La responsabilità politica, e vorrei dire giudiziaria, ma mi mancano elementi per dirlo, emerge anche dove i documenti evitano riferimenti diretti alle armi. L’aggiornamento del piano industriale di Leonardo prevede un ciclo ascendente con 118 miliardi di ordini nel periodo 2025 2029 e 106 miliardi di ricavi stimati sullo stesso arco temporale, mentre presenta il duplice uso come nuova normalità. Insomma ci vogliono guerre, genocidi, per prosperare. Questo linguaggio definisce la priorità chiare. Il governo le avalla attraverso la golden share e le scelte di indirizzo, mentre il Parlamento respinge gli atti che chiedono di sospendere la cooperazione militare con Israele.

La catena decisionale è domestica; gli effetti attraversano il Mediterraneo.Possiamo tranquillamente chiamare tutto questo complicità in genocidio.

Chiudo con una doppia immagine, perché la lingua da sola fatica a sostenere il peso. In Piemonte un hangar lucido ospita una piattaforma di quinta generazione; tecnici al lavoro, manuali aggiornati, software da certificare. A sud, nella Striscia, un reparto di chirurgia cerca sangue e anestetici mentre arrivano droni e colpi d’artiglieria. Italia e Gaza si parlano attraverso contratti, commesse, apparati di bordo, sensori. Questa relazione, costruita e mantenuta lungo gli anni, definisce una responsabilità precisa. Io la chiamo, senza giri di parole, complicità.

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