Il padiglione di Israele alla Biennale Arte di Venezia, che doveva aprire oggi, resterà chiuso “fino a che non sarà pattuito un cessate il fuoco e non saranno liberati gli ostaggi” sequestrati da Hamas lo scorso 7 ottobre. È l’annuncio comparso questa mattina su un cartello esposto all’esterno del padiglione israeliano.
Ruth Patir, l’artista che rappresenta Israele alla Biennale, ha detto al Guardian che la decisione rappresenta «una scelta di solidarietà con le famiglie degli ostaggi e con la grande comunità di Israele che chiede un cambiamento».
Patir ha anche spiegato di provare «notevole difficoltà» nel presentare il progetto israeliano della Biennale, perché «parla della vulnerabilità della vita in un momento di incredibile disprezzo per essa».«L’arte può aspettare, le donne, i bambini e le persone che vivono l’inferno invece non possono», hanno detto Mira Lapidot e Tamar Margalit, altre due curatrici del padiglione israeliano. Margalit ha detto inoltre al New York Times che il governo israeliano, che ha pagato circa la metà dei costi del padiglione, non è stato informato in anticipo della protesta.
Nelle scorse settimane la presenza di Israele alla Biennale era stata fortemente criticata. A febbraio Art Not Genocide Alliance aveva pubblicato una lettera aperta firmata da più di 23mila artisti per chiedere l’esclusione del padiglione israeliano dalla mostra, citando il precedente del Sudafrica, a cui tra il 1968 e il 1993 fu vietato di partecipare all’evento per protesta contro l’apartheid allora in atto nel paese.