Luciano Graziuso
Come successo lo scorso maggio al premier slovacco Robert Fico, anche l’ex presidente USA Donald Trump sabato scorso ha rischiato di morire, ma è miracolosamente sopravvissuto per una questione di centimetri: il proiettile a lui destinato dall’attentatore, tale Thomas Matthew Crooks, lo ha infatti soltanto colpito di striscio all’orecchio destro, non causando gravi danni al tycoon.
Pur trattandosi di luoghi e “bersagli” diversi, vi sono due fatti inconfutabili che accomunano i due tentativi di omicidio: il poco tempestivo intervento dei vari dispositivi di sicurezza, ma soprattutto la fermissima volontà da parte di entrambi i leader di far cessare il conflitto russo-ucraino. Il premier slovacco aveva infatti più volte discusso della sempre più impellente necessità di far stipulare un negoziato di pace che ponesse fine alle ostilità tra i due stati ed aveva inoltre dichiarato che la Slovacchia non avrebbe mai inviato “neanche una pallottola a Kiev”; l’ex presidente degli Stati Uniti si era spinto addirittura oltre, affermando che, qualora fosse stato rieletto dagli americani, non solo avrebbe fatto terminare la guerra tra Russia e Ucraina in un paio d’ore, ma soprattutto che avrebbe smesso immediatamente di finanziare la NATO, nota organizzazione atlantista e occidentalista che, nel corso dei suoi 75 anni di esistenza, ha fomentato guerre e conflitti a iosa, distinguendosi per posizioni sempre più belliciste col passar del tempo, ultimamente e dalla fine dell’Unione Sovietica per una pericolosa, provocatoria, aggressiva espansione nell’Est europeo, quando in teoria avrebbe dovuto sciogliersi con il corrispettivo scioglimento del Patto di Varsavia.
Che abbiano “pagato” per questo? A sostegno di questa tesi, le gravi falle nella sicurezza di cui si sono accorte anche le persone comuni che guardavano le scene rimandate dalle varie tv nel mondo, prima che esse fossero ipotizzate anche dai giornalisti e poi addirittura messe al centro di un’indagine dell’FBI americana. Così come per Fico, non si è potuto fare a meno di chiedersi, nell’immediatezza del fatto, come sia stato possibile che l’attentatore abbia avuto “vita facile” innanzitutto nell’avvicinarsi tantissimo al luogo in cui si sarebbe trovato il politico, e poi come abbia potuto sparare, riuscendo a colpire il suo obiettivo; nel caso del presidente slovacco, addirittura 5 colpi andati a segno. Il dubbio viene naturale a chiunque esamini i fatti con un minimo di capacità di analisi politica: vere o non vere le inefficienze del sistema di protezione personale di Trump, rimane il fatto che le posizioni di questi leader cozzano non poco con il “politicamente corretto”, con la tendenza a considerare la guerra alla Russia una necessità, da perseguire fino alla “sconfitta” del paese nemico. L’obiettivo di Washington, della NATO e dell’Unione Europea, infatti, non è più la pace, e molto probabilmente non lo è mai stato; ascoltiamo dichiarazioni sempre più belliciste e provocatorie nei confronti dell’avversario, mentre i pochi che cercano veramente e concretamente un accorto tra le parti, fra questi l’ungherese Orban, sono messi in cattiva luce, di loro tutti i tg e i giornali pongono l’accento solo sulle loro posizioni meno condivisibili (nel caso del leader magiaro si pone l’accento sulle sue posizioni sovraniste, populiste e contro l’immigrazione). Intanto, tutto il mondo si sta ancora chiedendo come mai gli efficientissimi servizi segreti statunitensi non avessero ispezionato dall’alto tutta l’area vicina al luogo del comizio di Trump e che fine abbia fatto l’allarme dato da un cittadino nei paraggi riguardo al suo avvistamento di una persona sospetta armata di fucile sul tetto di un hangar della zona. Viene spontaneo domandarsi, oltre a ciò, a chi avrebbe giovato la morte del tycoon che, pur con tutti i suoi difetti e alcune posizioni assolutamente non condivisibili, non ha intenzione di portare il suo paese in guerra e nei quattro anni del suo precedente mandato non ha attaccato nessun paese straniero. Il che, di questi tempi, non è poco.