UNA DONNA CONTROVENTO. Catherine Connolly, la sinistra che non chiede il permesso

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UNA DONNA CONTROVENTO. Catherine Connolly, la sinistra che non chiede il permesso

Alfredo Facchini

Diciamolo subito: Catherine Connolly non è Rosa Luxemburg, ma è la donna più lontana da Ursula von der Leyen che l’Europa oggi possa immaginare. E ora è presidente della Repubblica d’Irlanda, con oltre il sessanta per cento dei voti.

Un risultato che somiglia più a una scossa che a un’elezione: una rivolta di civiltà contro l’establishment di Dublino, contro le complicità delle élite europee, contro l’idea che la sinistra debba essere timida, riformista, addomesticata.

Catherine Connolly non viene dai salotti di Bruxelles né dalle accademie della tecnocrazia: viene da Shantalla, quartiere popolare di Galway, figlia di un carpentiere e di una madre morta troppo presto. Cresciuta in una famiglia di quattordici figli, ha imparato presto il linguaggio della solidarietà e della fatica. Psicologa prima, avvocata poi, ha attraversato la vita come si attraversa un campo controvento: testarda, radicale, con la certezza che la parola “giustizia” non sia un ornamento ma una pratica quotidiana.

Connolly è stata inizialmente sostenuta solo dalle forze collocate a sinistra del Labour, in particolare dai Social Democrats e da People Before Profit. Solo in un secondo momento si sono aggiunti anche il suo ex partito, il Labour, e infine il Sinn Féin, quando la sua candidatura era ormai diventata un movimento reale, impossibile da ignorare.

Ha vinto con la forza di un linguaggio che non chiede il permesso: contro la NATO, contro la guerra permanente, contro il riarmo che trasforma l’Europa in un vassallo armato. Ha detto parole che in Italia suonerebbero scandalose: «Non possiamo fidarci degli Stati Uniti, dell’Inghilterra e della Francia: sono radicati in un’industria degli armamenti che insanguina il mondo».

Ha denunciato il genocidio a Gaza, chiamandolo con il suo nome, senza ricorrere ai sofismi dei diplomatici. «Il genocidio è stato consentito e finanziato dal denaro americano». Ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina, ma senza inginocchiarsi davanti al verbo bellicista dell’Occidente.

Sulla Nato ha dichiarato, «non abbiamo niente da guadagnare e tutto da perdere nell’unirci ai poteri forti. Possiamo parlare di pace solo se manteniamo la nostra credibilità di stato neutrale».

Sull’aborto e sui diritti LGBTQ+: ha sostenuto la legalizzazione dell’aborto e il referendum sul matrimonio egualitario in Irlanda. La sua elezione non sposterà gli equilibri di potere, il presidente irlandese non governa, rappresenta. Ma è proprio questo il punto. In un’epoca in cui la rappresentanza è svuotata di senso, Connolly la riempie di sostanza, la ricrea. Non incarna una nostalgia. È il volto attuale della sinistra radicale che, pur dispersa, non è scomparsa. Un sussulto che attraversa un’Europa devastata dal conformismo.

E allora, diciamolo ancora: non è Rosa Luxemburg, ma in un continente che celebra i mercanti d’armi, Catherine Connolly è un segno che qualcosa, da qualche parte, si sta ancora muovendo.E che, dopotutto, la sinistra vince quando fa la sinistra.

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