La segretaria della Cisl Daniela Fumarola afferma che non andrà a votare ai referendum dell’8 e 9 giugno: “No, ritengo che lo strumento dei referendum non sia adeguato a risolvere i problemi del lavoro”. Lo ha detto in un’intervista al Corriere della Sera.
Per quanto riguarda il quesito sulla cittadinanza. “il referendum non è lo strumento giusto. Noi siamo per una riforma organica che coinvolga il Parlamento e le forze sociali a partire dall’introduzione dello ius scholae e dell’accesso agevolato alla cittadinanza. Rischiamo che la polarizzazione politica di questa votazione riduca tutto alla logica di tifoseria”.
Secondo la segretaria della Cisl “con questi referendum si continua a guardare al futuro con lo specchietto retrovisore, ma il mondo del lavoro è cambiato e servono tutele nuove. Il referendum è sbagliato nel merito e in ogni caso abrogando la disciplina dei licenziamenti sul contratto a tutele crescenti non si torna all’articolo 18 e al diritto al reintegro ma alla riforma Fornero che, tra l’altro, comporterebbe una riduzione dell’indennizzo da 36 a 24 mensilità. Insomma, una battaglia di retroguardia che non intercetta le criticità di oggi: abbiamo il record di occupati, ma resta al palo la capacità di raggiungere alti salari”.
Quanto asserisce la Fumarola a proposito di licenziamenti e Riforma Fornero non tuttavia corretto, anche se non vi è un pieno ritorno allo Statuto dei Lavoratori.
La Riforma Fornero
Il licenziamento illegittimo è quello che non rispetta precise regole dettate dalla nostra legge, in modo particolare risulta privo di caratteristiche obbligatorie che possono riguardare sia il modo in cui tecnicamente è stato realizzato (per esempio è avvenuto in forma orale anziché scritta), sia i motivi per i quali è stato deciso (giusta causa o giustificato motivo in realtà insussistenti).
La tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo fino a qualche anno fa era garantita dalla Legge n. 300 del 20 Maggio 1970, ovvero dallo Statuto dei Lavoratori, in modo particolare dal famoso Articolo 18, recentemente modificato ad opera della Riforma Fornero (2012) e del Jobs Act (2014).
L’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori offriva a chi veniva licenziato da un’impresa con più di 15 dipendenti nello stesso comune (5 se agricola) una tutela reale: il datore di lavoro era obbligato dal giudice a reintegrare il dipendente in azienda e a pagare una somma corrispondente a quanto avrebbe dovuto percepire dal giorno del licenziamento a quello del reintegro, più i vari contributi.
Per chi proveniva da piccole realtà (sotto i 15 dipendenti) era invece prevista una tutela obbligatoria: il giudice imponeva al datore o di riassumere il dipendente oppure di risarcirlo con una somma compresa tra un minimo di 2 mensilità e mezzo ed un massimo di 6 mensilità.
La Riforma Fornero – Legge 92/2012 – ha apportato una prima, importante modifica a questa disciplina, prevedendo tutele differenti in base al tipo di illegittimità del licenziamento: tutela reale piena, tutela reale limitata, tutela risarcitoria forte e tutela risarcitoria debole.A queste 4 forme si aggiunge la tutela obbligatoria, destinata alle imprese in cui lavorano fino a 15 dipendenti.
Riforma Fornero: licenziamento discriminatorio.In caso di licenziamento discriminatorio– ma anche per licenziamento nullo e/o avvenuto in forma orale – indipendentemente dalla dimensione dell’impresa, il lavoratore ha diritto ad una tutela reale piena: il giudice dichiara nullo il licenziamento ed ordina al datore di reintegrare il dipendente in azienda e pagargli un’indennità calcolata in base all’ultima retribuzione maturata dal giorno del licenziamento a quello del reintegro. Questa cifra non deve comunque essere inferiore a 5 mensilità ed in più il datore è tenuto a versare anche i contributi.
Il licenziamento della lavoratrice madre avvenuto durante il periodo di astensione obbligatoria per gravidanza o mentre usufruiva di congedi parentali e simili, viene sanzionato allo stesso modo, così come quello che si verifica quando una donna lavoratrice decide di sposarsi. Questi ed altri casi sono, infatti, considerati illeciti dalla legge, per cui il licenziamento viene dichiarato nullo e la lavoratrice ha diritto ad una tutela reale piena.
Riforma Fornero: licenziamento ingiustificato.Nei casi di licenziamento ingiustificato più gravi i lavoratori sono protetti da tutela reale limitata. Si tratta di situazioni in cui il giudice, analizzato il caso, si rende conto che giustificato motivo soggettivo o giusta causa in realtà non sussistono oppure che il comportamento del lavoratore che ha provocato il licenziamento poteva essere punito con una sanzione diversa (con una sanzione conservativa, in base al contratto collettivo di riferimento o a codici disciplinari).In queste situazioni il licenziamento è annullato ed il datore di lavoro è costretto a reintegrare il dipendente, pagargli un’indennità calcolata in base all’ultima retribuzione dal giorno del licenziamento a quello del reintegro (somma che, in ogni caso, non deve superare le 12 mensilità) e versare i contributi.Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo si ha per esempio quando il lavoratore viene licenziato per ragioni economiche oppure perché il datore lo dichiara inidoneo fisicamente e/o psicologicamente a continuare l’attività: in entrambi i casi, se il giudice considera questi motivi insussistenti, viene applicata la tutela reale limitata.
Risarcimento licenziamento illegittimo Riforma Fornero.
Le ultime due forme di tutela prevista dalla Riforma Fornero riguardano, invece, la possibilità di ricevere solo un risarcimento, escludendo, quindi, il reintegro in azienda.A seconda dei casi, si parla di:tutela risarcitoria forte per quelle situazioni in cui il licenziamento è ingiustificato in modo meno grave (per il giudice non ricorrono gli estremi di giusta causa o giustificato motivo). Il rapporto di lavoro viene dichiarato concluso dal giorno del licenziamento, ma il datore deve comunque risarcire il lavoratore con una indennità che va da minimo 12 a massimo 14 mensilità;
tutela risarcitoria debole per le violazioni formali o procedurali (per esempio il datore non ha riportato nel documento scritto le ragioni del licenziamento o non ha rispettato la procedura alla lettera). Anche in questo caso il rapporto viene dichiarato risolto e il datore deve pagare al lavoratore una somma che non può essere inferiore alle 6 mensilità né superiore alle 12.
Riforma Fornero: licenziamenti sotto 15 dipendenti.
ll lavoratore licenziato ingiustamente da un’impresa con meno di 15 dipendenti ha diritto alla tutela obbligatoria: in mancanza di giusta causa o giustificato motivo, il giudice annulla il licenziamento ed obbliga il datore o a riassumerlo entro 3 giorni oppure a risarcirlo con una indennità che va da minimo 2,5 a massimo 6 mensilità.Se il licenziamento è discriminatorio, nullo oppure orale si applica anche in questo caso la tutela reale piena.
fonti: Ansa, Corriere della Sera, sito avvocati.it
