Alfredo Facchini
È tempo di bilanci sul trumpismo e sui suoi seguaci. Il veleno più letale che ha diffuso Trump è l’idea che tutto possa essere detto senza limiti. Che ogni cosa possa essere sputata nell’arena politica senza conseguenze.Le affermazioni non devono più reggere alla prova dei fatti. Non devono essere vere. Non devono essere verificabili. Basta che facciano rumore e dettino l’agenda del giorno.
Con Donald Trump è stata sfondata la soglia dell’indicibile una volta per tutte. Non si torna più indietro.Ciò che prima era scandalo diventa metodo, ciò che era eccezione diventa prassi. Questo processo di normalizzazione cambia le regole del gioco. E le cambia in modo permanente.È il segno culturale di una destra distopica, che non cerca consenso razionale ma assuefazione. Come? Spostando ogni giorno l’asticella: normalizzando l’eccesso precedente per preparare il successivo. Il risultato è la saturazione dello spazio pubblico, fino a renderlo ingestibile. Quando tutto è possibile, quando tutto è il contrario di tutto, la verità smette di contare.
E veniamo a noi. La sguaiatezza di Giorgia Meloni chiude il cerchio. Non come eccesso caratteriale, bensì come cifra politica. Tono da comizio permanente, vittimismo di governo, nemici evocati a uso interno. È la grammatica del populismo di destra arrivato al potere, costretto a governare senza rinunciare alla posa dell’opposizione.
Meloni aveva promesso discontinuità. Ha fatto l’opposto. Obbedienza atlantica, rispetto ossequioso dei parametri europei, continuità sui dossier cruciali: guerra, bilancio, politica industriale. Nessuna rottura, solo l’amministrazione dell’esistente. Unica azione: fare cassa con i soliti noti e repressione del dissenso.La sguaiatezza serve a coprire il vuoto. Serve a tenere insieme una base allevata alla promessa e ora nutrita di retorica. L’elettore viene intrattenuto. La coerenza non conta, conta la postura. Si può smentire tutto, a patto di alzare la voce.E noi non possiamo più fingere che siano solo “parole”. Sono proiettili.
Alziamo la voce, allora. Incessante, organizzata. Non aspettiamo che la verità si difenda da sola. Sbugiardiamoli in tempo reale, senza tregua, senza pietà. Perché se il linguaggio non ha più argini, noi dobbiamo diventare l’argine.
Implacabile. Militante. Inarrestabile.

