Manuel M Buccarella
Negli ultimi mesi non si fa altro che parlare del caso della “famiglia nel bosco”, e cioè di quella famiglia guidata dalla coppia composta da Nathan Trevallion (inglese) e Catherine Birmingham (australiana), e dai suoi tre figli, il maggiore di otto anni e due gemellini di sei, che viveva in modo isolato e “off-grid” a Palmoli, in provincia di Chieti.
Come noto da oltre un mese i bambini sono stati “sottratti” ai genitori dal Tribunale per i Minorenni dell’Aquila ed affidati ad una casa-famiglia a Vasto con contestuale temporanea sospensione della potestà genitoriale, a causa di criticità legate all’isolamento sociale, alla mancanza di cure mediche (mai visitati da un pediatra) e a un grave ritardo nella scolarizzazione.
Le attenzioni dei servizi sociali e poi dei giudici sono scattate a seguito del ricovero in ospedale dei bambini a causa di una grave intossicazione alimentare da funghi, avvenuta il 23 settembre 2024. La pediatra che ha visitato i bambini così descrive le condizioni in cui i minori sono arrivati in ospedale dopo l’intervento dei soccorsi: “I bambini erano molto provati, erano sofferenti, sono arrivati che stavano male, quindi erano anche in condizioni di disidratazione, spaventati e le condizioni igieniche chiaramente non erano ottimali”.
Un quadro clinico che, secondo la dottoressa, avrebbe subito fatto emergere segnali di possibile trascuratezza: “Sembravano essere un po’ trascurati, non erano in regola con il calendario vaccinale e c’è stata una difficoltà a comunicare con loro anche per per la barriera linguistica perché non parlavano”.La dottoressa ricostruisce poi l’origine dell’intossicazione, legata alla raccolta dei funghi nel bosco attorno alla casa in cui viveva la famiglia: “Quel giorno anche le bambine hanno raccolto i funghi che hanno posato sul tavolo della cucina e poi erroneamente la mamma, credo, ha mischiato tutto e li ha cucinati”.
Nella casa-famiglia, ove hanno comunque contatti quotidiani con la madre, si è scoperto che i bambini non erano mai stati lavati con sapone – ma con la sola acqua evidentemente – e che di fatto non gli venivano lavati i denti correttamente, ma von un rudimentale spazzolino munito di crini d’asino. Uno dei bambini temeva il soffione della doccia ed hanno mostrato favorevole curiosità per l’odore di pulito dei loro panni lavati in lavatrice. Tutto questo a dimostrazione dello stato di trascuratezza igienica e sanitaria nella quale hanno sinora vissuto.
Ad ogni modo, Nathan e Catherine hanno mostrato segnali di apertura verso le autorità, accettando di trasferirsi in un’abitazione con servizi standard (acqua, elettricità e riscaldamento) offerta da un imprenditore locale per facilitare il ricongiungimento familiare. Per il giorno di Natale è stata avanzata l’ipotesi di permettere alla famiglia di trascorrere il pranzo insieme all’interno della comunità, consentendo anche al padre di sedersi a tavola con moglie e figli.
Intanto pochi giorni fa la Corte d’Appello dell’Aquila ha rigettato il reclamo dei legali contro l’ordinanza del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila che aveva sospeso la responsabilità genitoriale a Nathan e Catherine, disponendo il collocamento dei loro tre figli minori in una casa-famiglia a Vasto. Qui si trova, comunque, anche la madre che può stare con i bambini in alcuni momenti della giornata.
Per la “famiglia nel bosco” la situazione resta quindi quella stabilita dall’ordinanza che ha portato al trasferimento dei bambini da Palmoli a Vasto il 20 novembre scorso.
Nella sentenza i giudici, pur bocciando il ricorso dei legali della coppia, evidenziano “gli apprezzabili sforzi di collaborazione” da parte dei genitori dopo l’allontanamento dei minori e auspicano “un definitivo superamento del muro di diffidenza da loro precedentemente alzato avverso gli interventi e le offerte di sostegno”. La Corte conferma “tutte le criticità rilevate nell’ordinanza del Tribunale” dei minorenni rilevando “gravi rischi per la salute fisica e psichica dei bambini, per la loro sana crescita, per lo sviluppo armonioso della loro personalità”. Quanto alla scuola, “Anche a voler ritenere regolarmente osservato, dal punto di vista formale, il procedimento relativo al ricorso alla scuola parentale – scrivono i magistrati – va evidenziato come le valutazioni di idoneità contrastino in modo eclatante con le condizioni di istruzione verificate dopo l’inserimento in casa famiglia”.
Secondo quanto emerso, la bambina più grande non sarebbe in grado di leggere e scrivere, né nella lingua italiana né in inglese, nonostante le precedenti valutazioni attestassero competenze compatibili con il livello scolastico dichiarato.
Esponenti del centrodestra condannano i giudici minorili
Non sono mancate le proteste, contro i giudici minorili dell’Aquila, da parte di diversi esponenti del centrodestra. In particolare Matteo Salvini ha criticato duramente la magistratura, definendo l’allontanamento dei bambini un “sequestro” e un atto ideologico. Giorgia Meloni ha espresso preoccupazione per il caso e ha valutato l’invio di ispettori ministeriali per verificare le procedure seguite dal Tribunale per i minorenni de L’Aquila.Eugenia Roccella (Ministra per la Famiglia) ha sostenuto che gli allontanamenti dovrebbero essere l’estrema ratio e ha denunciato il rischio di una “deriva ideologica” nel sistema dei servizi sociali.
Strano che i sostenitori della famiglia tradizionale (unitamente a Dio e Patria) vadano a sostenere le abitudini di un nucleo familiare assai poco tradizionale e vagamente “anarchico”, scarsamente rispettoso delle regole della convivenza civile e moderna, tale da mettere a repentaglio l’incolumità psicofisica e la socialità dei propri figli, valori fondamentali tutelati dalla Costituzione e dalle principali leggi dello Stato italiano. Come non leggere allora, dietro queste assurde posizioni, l’ennesima puntata dell’attacco governativo all’autonomia della magistratura, per di più dopo l’approvazione della legge sulla separazione delle carriere ed in campagna referendaria avviata.

