Ascoltiamo “Rescued”
Manuel M Buccarella
E’ uscito in questi giorni “But Here We Are”, undicesimo album in studio per i Foo Fighters. Si tratta del primo lavoro senza lo storico batterista Taylor Hawkins. Per omaggiare e sostituire l’amico scomparso Grohl torna a suonare la batteria, come nella precedente esperienza nei Nirvana. Lascia suonare la chitarra a Pat Srear, ritmica, ed a Chris Shifflet, solista, riservandosi comunque il ruolo da voce solista.
Il disco è bello, potente, stilisticamente coeso tanto da non lasciare spazio a facili brani radiofonici ed hit, come soprattutto in un recente passato. Puro rock, insomma. Il titolo “But Here We Are”, “comunque siamo qui”, è cruda espressione del disagio creato alla band dalla morte di Taylor e tuttavia affrontato sempre con la voglia di creare ed offrire qualcosa di nuovo e possibilmente diverso.
La carriera di Dave Grohl è costellata da perdite premature, la più segnante, la prima ovviamente, quella di Kurt Cobain, che cambia la sua vita e la direzione dei progetti in cantiere. L’ album affronta anche il dolore della morte della madre Virginia, avvenuta qualche mese dopo quella di Hawkins. Alla madre ed al batterista è idealmente dedicato questo lavoro.
“Determinati nel dare seguito alla loro resistenza, alla loro sopravvivenza, i Foo Fighters pubblicano materiale inedito che mostra una certa urgenza, una coerenza incrollabile e uno spirito guida per liberare i tormenti abbracciando la vita” (G.Crugnola, Mescalina.it)
La formazione attuale della band, oltre a Grohl ed ai due chitarristi, è composta da Nate Mendel al basso e Rami Jaffee a pianoforte e tastiere.
Come detto l’album, un rock fortemente incentrato sulle linee guida melodiche imposte dalle chitarre, è particolarmente coerente. I brani sono praticamente tutti belli. Non vi è tra i critici musicali chi non consideri questo disco tra i migliori del gruppo.
Ascoltiamo “Rescued”
