Luciano Graziuso
Ciò che fa indignare maggiormente i cittadini che credono ancora nei valori di libertà e democrazia, è il fatto che atti censori come quello che hanno subito Francesca Albanese e gli istituti che l’hanno invitata vengono messi in pratica solamente “ad intermittenza”, cioè quando l’oratore ha posizioni differenti rispetto a quelle del governo, risultando “scomode”. Quest’ultimo, non essendo, spesso, in grado di controbattere efficacemente, preferisce cercare di impedire in tutti i modi che l’oratore riesca a parlare; ove fallisca, ricorre a mezzi “punitivi”, scatenando contro i “colpevoli” il solito polverone mediatico e la macchina del fango con l’aiuto del sistema informativo, sempre più asservito.
Nulla di tutto ciò accade, invece, ogniqualvolta si tratti di persona con posizioni simili o identiche a quelle di chi detiene il potere; in questi casi politici, ministri, autorità e giornalisti non hanno nulla da obiettare. Come sempre più spesso accade nella nostra povera Italia, due pesi e due misure. Ma la cosa ancora più preoccupante, che dovrebbe far riflettere tutti indipendentemente dal proprio credo politico, è l’indirizzo sempre più bellicista impresso al Paese, che da tempo sta pervadendo anche il mondo della scuola ad ogni suo livello; in quest’ottica vanno letti due segnali molto allarmanti. Il primo riguarda un intervento a gamba tesa da parte del Ministero dell’Istruzione, avvenuto lo scorso novembre: il Cestes-Proteo, con la collaborazione dell’ ”Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole”, aveva organizzato un Corso intitolato “4 novembre, la scuola non si arruola”, per promuovere ideali pacifisti e contrari al riarmo e alle politiche di guerra che sempre più si stanno diffondendo nella nostra società e siamo costretti a subire. Ebbene, il Ministero ha deciso improvvisamente di annullarlo, tra l’altro comunicando la decisione solamente il 31 ottobre.
Di fronte a questo ennesimo abuso le reazioni sono state veementi ed hanno scatenato la rabbia di docenti e sindacati, che hanno definito l’atto “gravissimo”, “enormemente censorio” e “lesivo della libertà di insegnamento”.
Quindi a quanto pare parlare di pace nelle nostre scuole non va bene, ma in compenso qualunque iniziativa che cerchi di avvicinare i bambini ed i ragazzi a ideali bellicisti è più che ben accetta; e qui parliamo del secondo segnale, ancora più preoccupante del primo. Risultano essere infatti sempre più frequenti le “visite” organizzate in vari istituti di ogni ordine e grado (anche in scuole elementari!) di soldati che devono spiegare ai giovani in che consiste il loro lavoro.
Se quanto appena detto è qualcosa di poco accettabile, non esistono aggettivi per descrivere quanto successo a Palermo lo scorso ottobre al “Villaggio dell’Esercito”: in questa occasione ai bambini non solo venivano fatte impugnare armi estremamente distruttive, come quelle anticarro, ma li si faceva salire perfino sui carri armati; il tutto mentre su un maxischermo venivano proiettate continuamente immagini di soldati in azione. Insomma, delle scene degne del famoso libro “1984” di George Orwell, che purtroppo sono state la realtà che si è vissuta per tre giorni in piazza Politeama, nel pieno centro di Palermo!
Quanto descritto ovviamente deve farci stare ben vigili nei confronti di ciò che succede: nonostante ormai oltre il 70% degli aventi diritto al voto sia contrario alla deriva bellicista intrapresa dal nostro Paese (invio di armi, spropositate spese militari, ecc), il potere continua imperterrito a calpestare la volontà del popolo e l’articolo 11 della Costituzione. E’ gravissima in quest’ottica l’entrata a gamba tesa del Ministro Valditara nel mondo della scuola, che secondo l’esecutivo deve essere sempre più piegato a interessi e ideologie guerrafondaie e perniciose per il popolo italiano.
Probabilmente, conscio che gli adulti di oggi sono quasi tutti convinti che la Russia non rappresenti un pericolo reale per noi e rigettano drasticamente l’ipotesi della guerra, il potere cerca di indottrinare le menti delle nuove generazioni per trasmettere loro una passione, o quanto meno un’accettazione, di qualcosa che è il male assoluto, ma viene presentato come normale, quasi un gioco.Come era lecito attendersi, tantissimi genitori dei bambini e dei ragazzi che frequentano le scuole interessate hanno manifestato vivacemente il loro disappunto nei confronti di questo tipo di iniziative. Molti di loro parlano di “Grande vergogna per il nostro Paese” e altri pensano che sia stato scandaloso organizzare questi incontri senza nemmeno averli informati.
Per motivi di spazio, riportiamo solo lo sfogo della madre di un bambino frequentante la quinta elementare presso l’Istituto “Guala” di Bra, ma ce ne sarebbero anche altri. La signora Natasha Sanna ha dichiarato che è “Fuori luogo vedere a scuola donne e uomini in mimetica … Si vuole presentare la vita militare come fulcro di conoscenza, libertà e democrazia”… Non è tollerabile che la scuola crei un canale preferenziale con l’esercito” ed ha concluso il discorso affermando che l’obiettivo deve essere quello di formare cittadini nel mondo e non soldati.
Insomma, sembra proprio che il governo ed il popolo viaggino su due binari lontanissimi…

